da OTTOBRE ad APRILE – regia GIOVANNI NARDONI

DA OTTOBRE AD APRILE


La Locandiera

di Carlo Goldoni

adattamento Giovanni Nardoni e Valeria Pistillo

regia Giovanni Nardoni

una produzione Velia Cecchini – Officine Teatrali

SINOSSI

È stato un evento distruttivo, accaduto lo scorso 28 giugno, a scatenare la mia ricerca intellettuale in merito al testo goldoniano: lo scempio perpetrato ai danni della versione in grande formato della Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto del 1967, installata in piazza del Municipio a Napoli, opera di confronto fra le nostre radici classiche e il disordine della vita moderna. Come la Venere degli stracci, Mirandolina rappresenta la sintesi, nei suoi comportamenti e nei suoi momenti di riflessione, tra il passato e il futuro della condizione femminile, ponendo in evidenza nel finale, qualora fosse letto con attenzione, un umorismo amaro e dalle sfumature drammatiche, che esplode nel pessimismo del suo compromesso: il matrimonio. In ragione di un nuovo desiderio rivoluzionario e grazie alla sollecitazione dell’opera del Pistoletto, ho voluto ambientare il mio spettacolo nel momento maggiormente significativo per le questioni riguardanti la condizione femminile in Italia, ovvero il periodo a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta.

“… è quest’arte. Questa visione dell’arte, il patrimonio delle nostre rivolte europee. A questo dobbiamo tendere: un’arte umana in un mondo più umano, più giusto e più solidale”
(Giorgio Strehler)

 

NOTE DI REGIA

Carlo Goldoni è in assoluto il più grande autore e innovatore del teatro italiano, nella lingua, nei contenuti, nella forma, interprete di quei principi illuministi che, per quanto nobili e suggestivi, per lui non trovavano riscontro nella sua ricerca di realismo, espressa nella sua enorme produzione teatrale, sintesi non solo del suo pensiero rivoluzionario ma anche delle vicissitudini della sua vita e degli ambienti che frequentava. Non so se è una mia follia intellettuale o un colpo di sole, visto che sto annotando questi miei pensieri in una Roma in fiamme ma, rileggendo molte delle sue opere o stralci della sua autobiografia, per me il nostro Goldoni tanto richiama alla mia attenzione un altro nostro grande autore: Luigi Pirandello. Entrambi raccontano e criticano un mondo provinciale (per Goldoni Venezia, per Pirandello la Sicilia), entrambi raccolgono la grande eredità e varietà dei dialetti e li trasformano in un italiano comprensibile a tutti, entrambi dipingono ritratti di personaggi semplicemente umani e perciò ricchi, contraddittori e dunque veri, entrambi offrono al pubblico, in una macchina teatrale perfetta, intrisa di umorismo e comicità,
un astratto modello del vivere, e il loro modo di essere e di scrivere è sempre al di fuori di tutti gli schemi precostituiti. Goldoni distrugge, anzi, inventa per la commedia dell’arte una dignità, una struttura psicologica, la ancora alla realtà della vita in tutte le sue sfumature positive e negative, mentre Pirandello, forte di questa tradizione teatrale che va da Plauto al teatro barocco, tenta, davanti ai nostri occhi di pubblico, di distruggere quella maschera, già picconata da Goldoni, e mettere in scena, invece, la moltitudine del nostro Caos.
Che incredibile piacere quando gli schemi della nostra formazione vanno a ricomporre il rebus delle intuizioni e ci mostrano chiaramente il perché delle scelte che compiamo! Non avrei mai rappresentato La Locandiera di Carlo Goldoni se non ne avessi riscoperto il suo potenziale rivoluzionario, soprattutto in questo momento storico, in questo nuovo millennio che si è aperto nell’illusione che la interconnessione di tutto il genere umano avrebbe reso tutti, donne e uomini, non solo più vicini ma più uguali e
più liberi. Ed è stato proprio un evento autodistruttivo, accaduto questo 28 giugno, a scatenare la mia ricerca intellettuale: lo scempio perpetrato ai danni della versione in grande formato della Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto del 1967, installata in piazza del Municipio a Napoli, opera di confronto fra le nostre radici classiche e il disordine della vita moderna. Questo atto vandalico mi ha dato la giusta spinta per tentare, anche quest’anno, di riproporre all’attenzione degli studenti quanto sia fondamentale il rispetto e la conoscenza della nostra storia e della nostra cultura. E la Locandiera ne è un grandissimo esempio, ed è la mia Venere degli stracci, la rivoluzione e allo stesso tempo il compromesso. E chi è il protagonista di questa rivoluzione? La Donna, la  e, purtroppo, i compromessi ai quali è costretta. Mirandolina, la protagonista, è una donna sola ed emancipata, ha ereditato dal padre la sua locanda che gestisce con capacità e arguzia, sfruttando, ovviamente, la stupidità maschile a suo vantaggio. Ma non è solo questo. Come la Venere degli stracci, Mirandolina, rappresenta la sintesi, nei suoi comportamenti e nei suoi momenti di riflessione, tra il passato e il futuro della condizione femminile, ponendo in evidenza nel finale, qualora fosse letto con attenzione, un umorismo amaro e dalle sfumature drammatiche, che esplode nel pessimismo del suo compromesso: il matrimonio. La Locandiera rappresenta la nascita di una classe borghese ante litteram e dunque il lento ma inesorabile crollo della nobiltà, sovrapposto a un realismo che denuncia l’esigenza della donna di liberarsi da catene secolari che l’hanno immobilizzata nella storia.
Fabrizio, un uomo semplice che attribuisce, ancora, un significato alle promesse (quella che Mirandolina fa al padre sul letto di morte), è l’ultima spiaggia per la donna, è la sua pedina e, nel finale, il suo compromesso. Il gioco che la protagonista fa seducendo
gli uomini rischia di diventare per lei estremamente pericoloso, ha paura di perdere l’onore e, perdendo l’onore, perderà anche i suoi clienti. Tutti si divertono ad amoreggiare con Mirandolina ma la maschera sociale (per usare un termine pirandelliano) va salvaguardata. Ecco il compromesso. Per risolvere tutto questo lei realizza il desiderio del padre, rinuncia alla sua libertà, sposa Fabrizio e con il matrimonio ristabilisce l’ordine. Non credo che il pessimismo di questo finale sia così lontano dalle molte realtà che la donna è costretta, anche oggi, a sopportare e in ragione di un nuovo desiderio rivoluzionario e alla sollecitazione della bellissima opera del Pistoletto ho voluto ambientare il mio spettacolo nel momento maggiormente significativo per le questioni riguardanti la condizione femminile in Italia, ovvero il periodo a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta. L’esplosione dell’ottimismo degli anni Sessanta generò quell’arcobaleno di colori e di rivendicazioni sociali che non poteva che esprimersi in un’arte libera, solidale e fuori
dagli schemi: la Pop-art.

Giovanni Nardoni

– Velia Cecchini Officine Teatrali –

Teatro Golden


Via Taranto, 36 – 00182 Roma RM
(Metro A, fermata San Giovanni, Re di Roma)
 

Programmazione


da OTTOBRE ad APRILE

 

Info e prenotazioni


ritrattidautore2014@gmail.com
Giovanni +39 339 7744521
Teodoro +39 348 3697298
 

Prezzi biglietti


prezzo unico € 10

Teatro Golden


Via Taranto, 36 – 00182 Roma RM
(Metro A, fermata San Giovanni, Re di Roma)
 

Programmazione


da OTTOBRE ad APRILE

 

Info e prenotazioni


ritrattidautore2014@gmail.com
Giovanni +39 339 7744521
Teodoro +39 348 3697298
 

Prezzi biglietti


prezzo unico € 10